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L’Armir italiano in Russia – Masterclass

La partecipazione italiana alla campagna di Russia si espresse, inizialmente, con un piccolo corpo di spedizione, il CSIR, che avrebbe combattuto duramente e con successo durante l’avanzata in Ucraina.
Successivamente, nel 1942, su richiesta di Hitler che per il suo piano offensivo aveva bisogno soprattutto di fanterie da porre a presidio dell’immenso fronte che si sarebbe prodotto, Mussolini dispose la partecipazione più ampia.

Una flottiglia MAS venne inviata sul Mar Nero per operare nelle acque di Sebastopoli, mentre con i contingenti del CSIR, tre divisioni alpine e altre divisioni di fanteria e alcune legioni di camicie nere, venne costituita l’ARMIR (Armata Italiana in Russia) che avrebbe preso posizione sul fiume Don.

Il trasferimento delle nuove divisioni italiane avvenne inizialmente a mezzo di ferrovia, poi con i “mezzi propri”, ovvero a piedi, mentre reparti del vecchio CSIR “Savoia” si slanciava nella sua ultima carica a Isbushenskiy.

Al termine dei movimenti e del raggruppamento, le divisioni vennero schierate a sud di Voronez, lungo una piccola ansa del Don.
Il fronte era talmente lungo che, per presidiarlo, tutte le truppe dovettero essere spiegate in prima linea; anche così, risultava esserci una densità di un uomo ogni 20 metri e un’arma controcarro ogni 3 Km !!!
L’attacco sovietico si scatenò appieno il 12 dicembre, dopo diversi giorni di assalti locali di sondaggio e incursioni di pattuglie notturne.
Dopo 24 ore di combattimenti già tre divisioni italiane erano già state praticamente annientate e superate dagli invulnerabili carri T34 russi.
Dal settore sfondato, poi, rapidamente affluirono altre truppe motorizzate e corazzate sovietiche, che avvolsero dai fianchi al tergo le rimanenti divisioni italiane che null’altro poterono fare se non ritirarsi.


Alpino Italiano  Russia 1942  
Pegaso 54 mm

Il corpo alpino, inizialmente non attaccato se non marginalmente, avrebbe abbandonato le sue posizioni per ultimo, in gennaio, quando ormai alle sue spalle si era chiuso l’anello russo.

“Julia” e “Cuneense”, esposte sui fianchi, resistettero fino alla distruzione.
La “Tridentina”, invece, combattendo duramente e a prezzo di gravissime perdite, riuscì a sfondare la sacca in prossimità di Nicolajewka e a rivedere l’Italia dopo un ripiegamento di migliaia di km a piedi.
Dei circa 200.000 italiani costituenti l’ARMIR se ne salvarono 90.000!