La realtà storica in cui si deve inquadrare questa scenetta è quella del primo quarto del V secolo quando la stirpe germanica dei Burgundi, dopo avere costituito un proprio regno attorno a Worms, tentò di ampliarlo sulle coste della provincia romana belgica. Il magister Militum dell’impero d’Occidente, Ezio, e Teodorico, re dei Visigoti, spinsero i loro alleati Unni contro il re dei Burgundi, Gundahar. Nel 437 questi venne ucciso assieme a 20.000 guerrieri ed il suo regno invaso.
Siamo nel periodo della migrazione dei popoli, quando, tra il IV e V secolo, ai confini di un impero romano oramai in declino, diverse tribù e stirpi germaniche in continua lotta tra loro percorrevano l’Europa occidentale cercando stanziamenti più o meno stabili. In questa situazione emersero figure di grandi capi militari, ricchi principi guerrieri che si mettevano a disposizione di questo o quel potentato, offrendo la propria abilità militare.
Può essere stato il caso di Siegfried, principe delle popolazioni germanico-frisoni residenti a Colonia Traiani (Xanten), che si reca alla corte di Gundahar e lo aiuta a sconfiggere Danesi e Sassoni (ed analoga potrebbe essere stata anche l’origine di Artù). Attorno alla luminosa figura di Siegfried, dai connotati più leggendari che storici, fiorirono i canti epici e nacque la leggenda dei Nibelunghi, di Sigfrido, l’eroe nazionale germanico e della sua spada Balmung.
La leggenda di Sigfrido, nata sulle sponde del Reno tra il IV e V secolo, venne diffusa oralmnte dai bardi nella scandinavia. Fu poi in Islanda, dopo la colonizzazione Norvegese, che questa si concretizzò nella raccolta epica scritta del poema conosciuto come Edda. Il poema racchiude tutta la mitologia nordica dei popoli germanici e gli antichi canti di guerra. Fra questi la canzone dei Nibelunghi, che narra le imprese di Gundahar, di Attila (re Etzel), di Teodorico (re dei Visigoti) e dei Burgundi.
“Ma di là pure un guerriero si era avanzato molto vigilante contro il nemico, a protezione…Egli portava un brillante scudo d’oro…:era il re Lindgast. Il nobilissimo straniero gli andò incontro in aria di sfida…Essi diedero di sprone ai cavalli, con le lance in resta sui rispettivi scudi. Dopo il colpo di lancia, i corsieri trasportarono velocemente i due figli di re… e quei due uomini armati dalla collera s’attaccarono con la spada. Allora il re Siegfried colpì tanto violentemente che tutta la pianura ne echeggiò…Da tre gravi ferite che egli fece al re, attraverso la sua lucente cotta d’armi…il sangue scaturì sotto il taglio della spada. Il coraggio di Lindgast ne fù abbattutto e chiese al suo nemico di avere salva la vita”
La Canzone dei Nibelunghi, canto IV, 181-188)
La canzone consta di 39 avventure o canti e narra di come il principe di Xanten, Siegfried, uccisore di draghi e possessore del tesoro dei Nibelunghi, si rechi alla corte Burgunda di Worms, per sposare la bella Crimilde, sorella del re Gundahar. Siegfried diviene amico di Gundahar ed assieme compiono eroiche gesta nella battaglia contro gli invasori Sassoni e Danesi guidati dai re Lindger e Lindgast. Siegfried aiuta Gundahar a conquistare Brunilde, la valchiria, ma la sua bravura suscita la gelosia e l’odio dei guerrieri Burgundi con Hagen in testa. Nell’unico punto in cui il sangue di drago ucciso da Siegfried non ha coperto la pelle dell’eroe, rendendola invulnerabile, Hagen guida a tradimento il giavellotto che toglie la vita a Siegfried. Ma Crimilde giura vendetta: privata con l’inganno da Hagen e Gundahar dell’oro del Reno, si offre in sposa ad Attila, re degli Unni. Invitati alla corte di quest’ultimo, a Vindobona (Wien), i Burgundi vanno incontro all’ira di Crimilde: nell’orgia di sangue che ne segue tutti gli eroi vengono sterminati, mentre con Hagen muore il segreto di dove sia stato celato l’oro del Reno.
Per molti secoli la canzone dei Nibelunghi rimase quasi dimenticata, finchè il grande poeta e musicista Wagner (1813-1833) fece rivivere gli antichi eroi germanici, nei suoi quattro capolavori: “L’oro del Reno”, “La Valchiria”, “Sigfrido”, “Il crepuscolo degli dei”.
Sigfrido
Per ricostruire l’armamento di Sigfrido, gli autori si sono rifatti a quanto descritto nel Nibelungenslied, rapportandolo alle fonti archeologiche dei quel tempo, che l’area dell’alto Reno e le paludi danesi hanno splendidamente restituito. In particolare i sacrifici dei bottini di guerra e le offerte di armi nelle paludi e nei laghi, legate alle pratiche religiose dei Germani, costituiscono una straordinaria fonte per le caratteristiche degli armamenti del nord-Europa. Ne è risultato un misto di equipaggiamneto romano-germanico dalla sfavillante bellezza. L’impatto culturale dei romani produsse un armamento altamente decorativo e fastoso, un misto tra elementi classici e tecnologia militare germanica. Il nostro principe guerriero ben poteva essere il leader di un gruppo di barbari federati che avevano militato nell’esercito imperiale.
La bellezza di Sigfrido è più volte ricordata nell’opera. Anche se manca una descrizione fisica accurata, possiamo immaginarlo come un guerriero dal bel viso, occhi blu, senza barba e dai lunghi capelli biondi che fuoriescono dall’elmo.
Lindgast
Il re danese figura come un guerriero nord-germanico equipaggiato secondo lo stile dei catafratti romani. LA decorazione delle armi, gli oggetti e gli accessori denotano la presenza dell’ornamentazione geometrica e zoomorfa, tipicamente germanica. Nulla è detto dell’aspetto fisico di Lindgast: si può pensare ad un giovane guerriero danese, fulvo, con barba e baffi incorniciati dall’elmo.
Quando ho aperto questo vecchio kit della Soldiers, opera di Adriano Laruccia, aquistato anni fa e lasciato nell’armadio per tutto il tempo, sono rimasto sorpreso dalla qualità elevatissima della scultura, ricca di numerosi dettagli tutti resi alla perfezione. E su tutto il dinamismo e la drammaticità del momento.
A corredo del kit c’è poi un esauriente libercolo (in 4 lingue!!) autore Raffaele d’Amato, dove è scritto quanto ho riassunto sopra e che inoltre descrive dettagliatamente tutti i singoli elementi del vestiario e dell’armamentario dei due contendenti e con dei bei disegni del progetto di scultura.
Due parole sulla pittura
Il mantello ed il cavallo di Sigfrido, assieme ai pantaloni ed alla tunica di Lindgast, costituiscono gli unici elementi “variabili” per la pittura. Per il resto poche alternative. I colori scelti sono quelli che vedete nelle immagini. Le parti metalliche sono state lucidate e poi differenziate con i lavaggi ad olio di varie tonalità. I metalli gialli in alcuni casi sono stati prima dipinti con pigmento per stamperia e poi ripassati con il giallo trasparente e con gli oli. In altri casi dopo la lucidatura è stato passato direttamente giallo o arancione trasparante e poi un lavaggio ad olio.
Per quanto riguarda l’ambientazione ho usato quella fornita nel kit, che aveva già la giusta pendenza ed i fori per le zampe del cavallo e per la figura a terra, integrandola e raccordandola alla base di legno con del das. Ho poi deciso di riprodurre un declivio di erba alta ed ho ricoperto tutto con ciuffetti di materiale preso dalle palline che si trovano lungo le spiagge. Li ho presi a mazzetti, tagliati pari alla base ed incollati con vinavil. Sono partito dall’alto, facendo una striscia di ciuffi e poi lasciando seccare la colla. E poi di nuovo, fino alla base, inserendo ogni tanto dei fili più lunghi di erba sintetica. Una volta finito ho colorato con l’aerografo partendo da un verde scuro e poi aggiungendo verde chiaro e giallo.
Il cavallo è stato realizzato partendo da un fondo acrilico, con già un accenno di luci ed ombre e terminandolo poi con gli oli.
Una scenetta questa molto bella, anche se abbastanza impegnativa da dipingere e ancora una volta uno spunto ed un’occasione per allargare le proprie conoscenze. Ho già recuperato dalla biblioteca la canzone dei Nibelunghi e presto cercherò anche di reperire le musiche di Wagner. Credo che anche il risultato della pittura sia migliore se ci facciamo coinvolgere un poco da quello che stiamo facendo.
Buon modellismo a tutti
Marco Berettoni