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Ali Pasha – Parte 2 – Masterclass

Articolo a sostegno del pezzo MASTERCLASS in 54 mm

La ricerca storica è tratta dal Cd-Rom che accompagna il pezzo nella versione “cofanetto”.


Qui, dove i turchi erano più forti, la battaglia si era accesa in ritardo perché Gian Andrea Doria, consapevole di quanto la linea turca lo sopravanzasse, aveva diretto le sue unità verso sud, per impedire ai musulmani una manovra avvolgente; ma Uluch Alì, abile quanto lui, si era mosso nella stessa direzione, per mantenere il suo vantaggio.
Le due ali continuarono ad allontanarsi dal centro della battaglia, finchè, verso mezzogiorno, una ventina di galee del contingente guidato da Doria cambiarono rotta all’improvviso, dirigendosi verso nord, e quindi verso il centro dello schieramento.

Questa mossa fece pensare ai veneziani ad un tradimento da parte genovese. Comunque la sua manovra si rivelò un’abile finta per indurre il nemico a scagliarsi contro il lato destro del centro cristiano. In quel momento la squadra di Uluch Alì era, essendo così nutrita di navi, effettivamente più vicina al centro dello schieramento di quanto non lo fosse l’ala destra cristiana, ridotta a 35 galee.

Anche le navi turche, accortesi della manovra, fecero rotta verso nord ovest per incunearsi tra le unità avversarie e penetrare oltre la linea cristiana piombandovi alle spalle

La nuova rotta portò Uluch Alì contro l’estremità meridionale della squadra di don Giovanni, costituita da poche galee fornite dai cavalieri di Malta e comandate dal gran maestro Giustiniani. Con un rapporto di forze di tre o quattro ad uno, pur combattendo valorosamente le navi cristiane dovettero cedere le acque al naviglio musulmano, tutti i cristiani di quel settore furono uccisi in quel frangente di battaglia, la loro ammiraglia fu presa al rimorchio e Uluch Alì issò sulla propria galea la bandiera catturata.

Ne nacque lo scontro più duro e più sanguinoso di tutta la battaglia.Intanto Juan de Cardona, le cui otto galee erano tenute a riserva, stava dirigendosi velocemente in aiuto ai cavalieri, ma appena nelle vicinanze venne attaccato da sedici galee turche.

Quando fu finito, 450 dei 500 uomini imbarcati sulle galee del Cardona erano caduti, morti o feriti, lo stesso Cardona era in punto di morte.

Poteva essere l’episodio cruciale di tutta la battaglia, in grado almeno di pareggiare le sorti dello scontro, ma nel frattempo stavano arrivando altre navi cristiane, la seconda riserva al comando del marchese di Santa Cruz e lo stesso don Giovanni che mosse non appena riuscì ad organizzare la rotta.

Allo stesso tempo Doria, con il resto dell’ala destra, recuperò le galere prese dal re di Algeri e lo attaccò da sud.

Il corsaro turco comprese che il rapporto di forze gli era ormai di troppo sfavorevole e con una manovra in “retrovoga” si sottrasse allo scontro indirizzando i suoi verso Santa Maura (la moderna Levkas) e Prevesa, altri presero la direzione opposta tornando verso Lepanto.

La battaglia di Lepanto è stato un evento di straordinaria portata in termini di popolarità nel mondo cristiano per l’epoca. Al di la della legittima gioia dei cristiani per l’evento data dall’importanza di questa vittoria possiamo dire che la battaglia di Lepanto non fu propriamente un punto di svolta nella lotta tra Venezia e l’impero ottomano e più in generale tra l’oriente musulmano e l’occidente cristiano. Venezia non riprese Cipro, per esempio. Questo momento non significò neppure la fine delle perdite cristiane nella lotta contro i turchi. La Spagna non incrementò in misura apprezzabile il controllo sul mediterraneo centrale, tanto meno riuscì ad interrompere e separare gli interessi tra i turchi e i sultanati moreschi dell’Africa settentrionale.

Anzi nel giro di tre anni i turchi avrebbero cacciato gli spagnoli da Tunisi, ridotti i principi locali a loro vassalli e tutta la zona (come già l’Algeria e la Tripolitania) nello status di provincia ottomana.
Ma per tutti i cristiani, per il popolo di Venezia in particolare, per tutti coloro che avevano esultato in quei fatidici giorni di ottobre, la reale importanza di Lepanto non fu strategica ne militare, ne tattica; era morale.
Questo soggetto rappresenta il  comandante della flotta turca alla battaglia di Lepanto Alì Pasha nell’atto di incitare i propri uomini al combattimento contro le navi della Santa Lega costituita dallo Stato Pontificio, dalla Spagna e da Venezia.
L’episodio è ben descritto nella grande tela conservata a Palazzo Ducale.


La tela di A. Vicentino presente a Palazzo Ducale di Venezia da cui è stato tratto il pezzo

Il montaggio del pezzo è assolutamente facile da realizzare, presentandosi in pezzo unico con l’unica aggiunta del capo e delle mani fusi a parte.
Unico accessorio (escluso il bastone di comando stretto nella mano destra) è la scimitarra da applicare al fianco sinistro del comandante ottomano.
Alì Pasha  si distingue per l’eleganza delle sue vesti anche e soprattutto in battaglia.
Il copricapo indossato è il classico turbante orientale fasciato attorno al cono centrale.
Alì inoltre veste un pantalone largo con degli stivaletti decorati.
Il corpo è invece adornato di veste che arriva fino a coprire una parte della mano e sopraveste a mezza manica con falde larghe entrambe strette in vita dalla fascia.
Evidentemente il pezzo si presta alle eccezionali damascature tipiche della moda e della cultura orientale e non appare particolarmente vincolante il tono con cui proporre il soggetto, anche se per onestà intellettuale dobbiamo dire che nel dipinto egli viene ritratto con sopravesti color ocra o giallo e veste bordeaux.

Il pezzo è ovviamente ambientato con una basetta raffigurante un pezzo di pontile di Galea con catena e scudo (la cui araldica può essere quella ottomana o della Serenissima) calpestato dal comandante.

L’armamento consiste in una scimitarra (spada ricurva) portata sul fianco sinistro e dal bastone del comando con la mezza luna in punta.

Il fodero della scimitarra è in cuoio rigido decorabile con rinforzi in metallo pregiato, anche l’impugnatura poteva essere in avorio finemente inciso.

Il pezzo è stato dipinto tutto con colori acrilici ad eccezione del volto per il quale sono stati utilizzati gli oli.

Le tecniche utilizzate sono quelle più volte descritte nelle pagine di questa rivista.

Unica nota particolare è fornita dalla damascatura della veste del soggetto (peraltro assolutamente non obbligatoria) per la quale si sono resi necessari tono più contrastanti nelle ombreggiature e nelle lumeggiature del panno e per il decoro sono stati effettuati più passaggi partendo dalla base scura del decoro fino ad arrivare al colpo di luce finale del damasco stesso.


Tavolozza colori consigliata

  • Turbante: Bianco o avorio
  • Stivali: color cuoio con decorazioni
  • Veste: bordeaux con damascato a piacere (meglio se rosso intenso)
  • Sopraveste: ocra o toni caldi con evidenti damascature
  • Pantaloni: colore a piacere
  • Bastone del comando: effige turca in oro, asta in legno
  • Scimitarra: fodero color cuoio decorabile e rinforzi dorati, impugnatura scimitarra color avorio.
  • Fascia in vita: colore a piacere
  • Scudo: con araldica ottomana o veneziana.
  • Catena: metallo brunito
  • Pontile: in legno scuro (effetto bagnato )
  • Gli stivali sono in pelle con suola in cuoio rigido.

Fine