You are currently viewing Gli arditi – Masterclass
Arditi1

Gli arditi – Masterclass

Il primo embrione delle truppe di assalto italiane lo si può scorgere nella circolare 3228 del 1° settembre 1915 che regolava i premi, in denaro o in giorni di licenza, cui avevano diritto i militari che avevano partecipato ad azioni particolari rischiose.
Una circolare successiva del 15 luglio 1916 dava vita a nuclei speciali di “esploratori” i cui membri potevano fregiarsi di un particolare distintivo, da portarsi sulla manica destra tra spalla e gomito, costituito dalle cifre reali sormontate da un nodo Savoia, il tutto in filo argentato.
Gli “esploratori” avevano come compito la ricerca e la scoperta del nemico,

il riconoscimento del terreno e lo svolgimento di azioni di attacco su obiettivi di particolare interesse; fu proprio un assalto, quello alla posizione del “Dosso del palo” nel settore del San Marco effettuato dal reparto esploratori del Maggiore Bassi il 7 giugno 1917, basato sull’impiego esclusivo del pugnale e della bomba a mano, a segnare la fine degli esploratori e la nascita degli “Arditi”, come furono poi detti i soldati dei reparti di assalto.
Il Maggiore Bassi venne infatti rimproverato per quell’assalto condotto in spregio al regolamento, ma venne anche incaricato di costituire un reparto speciale dal quale dovevano nascere poi tutti gli altri e che durante il corso della guerra vennero uniti sino a formare con poche truppe di altre armi un corpo d’armata d’assalto.

Alla fine della guerra c’erano 39 reparti d’assalto che contavano in media quasi mille uomini su tre compagnie.
L’uniforme prescelta per i reparti di assalto rappresentò un’innovazione giacché si scelsero indumenti pratici e, per quell’epoca, funzionali.
La giubba di panno grigio verde era, ad esempio, con il colletto aperto (e decorato con delle fiamme nere), di taglio ampio e fornita , oltre che dei taschini, di una grossa tasca alla cacciatora; in pratica un doppio fondo dalla cintola alla fine della giubba con due aperture per poter afferrare con due mani i petardi Thevenot.

I pantaloni, pure grigio verdi del tipo previsto per le truppe alpine; completavano l’uniforme: fasce mollettiere e maglione grigio verde a collo alto, maglione poi sostituito, specie nel 1918, da una camicia grigioverde di flanella con cravatta nera.

Caratteristico copricapo degli arditi il fez nero con fiocco dello stesso colore, simile a quello dei bersaglieri, ma con un cordone più corto.

Ovviamente in azione era usato l’elmetto Adrian verniciato in grigio verde e spesso con il fregio degli arditi dipinto in nero.

Gli arditi, oltre il fez adoperavano un berretto con visiera, con il fregio della specialità, rappresentato da un gladio con la parola “FERT” sulla crociera, circondato da una corona di alloro e di quercia unite da un nodo di Savoia, il tutto in filo nero.
Lo stesso distintivo veniva portato sulla manica sinistra.
Gli ufficiali avevano lo stesso berretto con in più i distintivi del grado; altra caratteristica degli ufficiali era data dal fatto che portavano una filettatura nera intorno ai gradi; portati, sotto forma di stellette bianche, sulle manopole.
Gli ufficiali e a volte i soldati, specialmente nel dopoguerra, usavano camicie bianche e cravatte nere.
Anche l’equipaggiamento era stato appositamente studiato, e così gli arditi avevano delle scarpe da riposo, e portavano, invece del pesante zaino, il ben più leggero tascapane.

Analogamente si era provveduto a rendere più funzionale l’armamento dotando ogni ardito di un leggero moschetto ’91 da cavalleria, di 12 petardi Thevenot e di pugnale.

Il famoso pugnale degli arditi in origine altro non era che l’adattamento dei due spezzoni in cui era stata tagliata la sciabola baionetta del fucile Wetterly ’70, lunga in origine 64,6 cm.

Gli spezzoni, lunghi poco più di 27 cm, venivano muniti di guanciale in legno fissate alla lama mediante ribattini.

Analogamente i foderi dei pugnali erano ricavati dagli spezzoni dei foderi delle baionette del Wetterly ’70, cosicché se ne avevano a punta acuta o quadrata.

Successivamente vennero distribuiti agli arditi pugnali di nuovo modello mentre erano di largo uso pugnali di preda bellica.

Arma caratteristica degli arditi era anche la pistola mitragliatrice Villar Perosa, a due canne, che priva dell’originario scudo metallico, veniva utilizzata in combattimento dapprima tenendola appoggiata al corpo mediante due cinghie di cuoio che passavano dietro il collo e, successivamente, mediante un sostegno metallico appositamente studiato.

Cannoncino da 65/17 e lanciafiamme unitamente alla mitragliatrice Fiat ’14 offrivano agli arditi la copertura di fuoco durante l’assalto.

I reparti di assalto vennero dotati anziché di bandiere nazionali, di gagliardetti neri, con fregio di specialità e iscrizioni in colore dorato.

Oltre ai gagliardetti regolamentari gli arditi fecero uso di altre insegne, vedi foto (nera con il fregio e la scritta “XII compagnia” in caratteri dorati.

Oltre agli arditi propriamente detti, si trovava in ogni reggimento di fanteria un plotone di arditi reggimentale; speciali reparti di arditi esistevano anche negli alpini, nei bersaglieri e nel reggimento Marina.

L’uniforme di questi reparti era quella dell’unità di provenienza dalla quale si distinguevano, però, oltre che dal distintivo al braccio sinistro, anche per avere la giubba con il collo aperto ed il maglione grigio verde (bianco per i marinai).
Una puntualizzazione, tutto ciò che viene riportato in questo articolo è tratto dai regolamenti del tempo, ma, considerata la particolare “estrazione” di queste truppe, erano all’ordine del giorno le varianti, gli adattamenti, le “cannibalizzazioni” al tema di base.

Testi Liberamente tratti da un articolo di M. Camponeschi  su “storia Modellismo” nr. 8/77