I primi reggimenti di ussari furono creati nell’esercito francese nel 1691 con ufficiali disertori dell’esercito imperiale austriaco.
Conservarono sempre un carattere un po autonomo di corpi speciali a cavallo, impiegati in piccoli gruppi per azioni di colpi di mano, di avanscoperta e di protezione delle vie di comunicazione e rifornimento.
Il nome stesso di Ussaro dall’ungherese “Huzar”, indica etimologicamente con la sua desinenza in “ar” una determinata qualità o professione. Quindi un soldato professionista che opera in un gruppo di venti cavalieri.
Gli ussari anche se inquadrati nella cavalleria leggera operarono nell’ambito dell’esercito Napoleonico come dei “commandos”. Sono ancora leggendarie le imprese dell’8° ussari che con un distaccamento di fanteria caricato in fretta su tutte le carrozze che poterono essere requisite ad Harem, al galoppo si impadronì di tutta la flotta olandese immobilizzata dai ghiacci a Texel: 14 navi da guerra, molte navi mercantili con ammiraglio e tutti gli equipaggi.
La munita fortezza di Stettino con 5.500 uomini ed un considerevole parco di 120 cannoni fu conquistata dall’ardimentoso Lasalle con 700 ussari e solo un cassone di munizioni per artiglieria.
Il cassone veniva infatti fatto cavalcare bene in vista su tutte le colline intorno alla città per far supporre l’esistenza di molte batterie a cavallo.
Il giorno dopo Napoleone scrisse a Murat: “se i vostri Ussari prendono al galoppo le piazzeforti sarò costretto a fondere la mia artiglieria di assedio e a licenziare il corpo del genio”.
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Non c’è battaglia dell’epoca di Napoleone che non vede presenti gli ussari, con il loro ardimento e le loro uniformi fantasiose. Ma i reggimenti furono sempre pochi e stranamente Napoleone non li ammise mai nel suo esercito personale: la Guardia. Un decreto della Convenzione del 1796 cercò di portare un certo ordine nei reggimenti degli ussari. Infatti alcuni reggimenti avevano gli effettivi ridotti ed alcuni altri erano emigrati oltre il Reno, mentre altri corpi si erano formati spontaneamente come il corpo degli “Ussari della Libertà”, gli “ussari difensori della libertà e della Eguaglianza” (che poi sarà il 6°), gli “ussari della montagna”, gli “ussari delle alpi”, gli “ussari della Francia del nord” e gli “ussari di Lamothe” (che poi diverrà l’8°). |
Fu stabilito in 13 il numero dei reggimenti che d’ora in poi saranno identificati solo con il numero e non più con il nome del comandante o di quello della regione.
Si pubblicò anche un quadro che riportava i colori e tutti gli elementi della divisa di ogni reggimento.
Il pittore David disegnò i nuovi stendardi per i reggimenti.
Questo quadro può essere di guida solo teorica, in quanto i reggimenti venivano formati con amalgama di corpi o formazioni esistenti e il periodo molto turbolento non dava certo la possibilità di mettere interamente in pratica le buone intenzioni del decreto della Convenzione.
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Basti pensare agli infiniti esempi di “sabretaches” che ci sono pervenuti da disegni o ritratti d’epoca.
“Sabretaches” con le decorazioni più svariate. Alberi della libertà, berretti, fregi, fasci littori, serti di alloro o di quercia, corone civiche e monogrammi della Repubblica (R.F.) su di un sole sgargiante, o semplici numeri.
L’equipaggiamento delle divise cominciò subito ad essere una nota dolente per tutti i comandanti.
Gli archivi ci hanno restituito note di richieste pressanti e di stati pietosi e difettosi delle divise.
Infatti la durata ufficiale dei capi di abbigliamento militare ed dell’equipaggiamento era la seguente:
– sciabola 10 anni
– mantello 6 anni
– calzoni all’ungherese 1 anno
– copricapo 3 mesi
Alla penuria di effetti gli ussari provvedevano sempre arrangiandosi.
Erano i primi a mettere le mani sui magazzini militari nemici. Non solo, quindi, troviamo reparti con alcuni capi delle divise nemiche, bottino di guerra, specialmente durante le campagne d’Austria e Germania, ma con sostanziali modifiche al regolamento.
Nel 14 settembre 1794 un editto legalizzava l’uso del pantalone lungo da cavallo chiamato “charivari”, non regolamentare, ma già adottato largamente, con delle larghe guarnizioni di cuoio per limitare l’usura (le toppe sul fondo dei pantaloni erano usate correntemente dai soldati di tutte le armi).
Bisogna pensare che era normale per gli ussari cavalcare quotidianamente almeno per 50 km.
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Nella campagna di Egitto il 7° bis adotta una visiera al copricapo tronco conico. Seria documentazione per questo periodo è fornita dalla collezione di stampe colorate di Seele, conservate nella biblioteca del museo dell’Armata di Parigi. Documentazione preziosa, perché ci mostra gli ussari in campagna e non nelle uniformi teoriche dei regolamenti o del piccolo reparto che sfila nelle parate ufficiali. Il 24 settembre 1803 i reggimenti 7° bis, 11° e 12° (per lo meno quel che resta di questi reggimenti) sono trasformati in reggimenti di dragoni (27°, 28° e 29°). Il 13° ussari era già stato sciolto nel 1797. |
Con lo stesso decreto viene dato un nuovo quadro di colori distintivi per l’equipaggiamento e parimenti vengono create le Compagnie d’Elite, una per reggimento, e come segno distintivo sono autorizzate a portare un copricapo in pelle d’orso (come già in uso nelle compagnie d’Elite della fanteria), ma più basso, con fiamma triangolare allungata, generalmente di colore rosso, con passamanerie e fiocchetto.
Diventa di uso generale lo shakò adottato da tutto l’esercito francese.
Nel 1809 l’uso del Charivari diventa generale, chiuso da un lato con 18 bottoni e portato sui calzoni da cavallo e sugli stivali.
I colori del Charivari erano i più svariati; generalmente grigio, verde e bleu se fornito dai magazzini centrali, ma veniva confezionato con tutte le stoffe a disposizione. Non molta stoffa rimaneva in vista in quanto in questo tipo di pantalone, progressivamente vennero aumentate le dimensioni delle strisce protettive di cuoio nero all’interno delle cosce e in basso tutto intorno al collo del piede fino a divenire una specie di alto gambale in cuoio applicato alla stoffa.
E’ desolante leggere i rapporti delle ispezioni di Davout e di Marmont:
Uniformi in pessimo stato; più della metà degli effettivi erano senza mantello e senza pelisse.
Le sciabole erano dei tipi più disparati e le gualdrappe in stoffa sostituite sempre con le pelli di pecora e montone.
Bisogna ricordare che non tutti i reparti di un reggimento di ussari erano forniti di gualdrappe in stoffa gallonata, che erano sempre portate con le punte ripiegate sotto la sella per proteggerle.
Nel novembre 1810 si decise la soppressione del pennacchio e si rese obbligatoria la placca in metallo recante il numero e finalmente nel febbraio 1812 esce il regolamento conosciuto con il nome di uno dei compilatori: il colonnello Bardin. Il regolamento per gli undici reggimenti non fu ne pubblicato ne applicato interamente. Le modifiche apportate ai colori distintivi del reggimento non vengono spesso rispettate. Lo shakò si limita a portare la coccarda e la placca, la pelisse doveva avere la bordatura in montone nero e l’interno in flanella bianca, ma l’11° reggimento creato nel 1810 con gli ussari olandesi porterà la pelisse bordata di montone bianco con l’interno in flanella bianca. Il pantalone da cavallo (charivari) avrebbe dovuto essere di colore verde per tutti, ma questo colore non piacque agli ussari che non rispettarono questa disposizione. I magazzini generali sono approvvigionati con gli effetti confezionati secondo il nuovo regolamento sia per la sostituzione delle uniformi fuori uso sia per vestire le nuove reclute, così si vengono a mescolare nei reggimenti le uniforme nuove con quelle di vecchio tipo. |
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Ma l’elemento più interessante è l’apparizione di un nuovo modello di shakò senza placca, perfettamente cilindrico chiamato “shako rouleau” più alto e portato senza pennacchio.
Ma anche a Waterloo non tutti i reparti erano provvisti di nuovi shako.
Da un articolo di Remigio Gennari su “Storia Modellismo” nr. 4 dell’aprile 1977