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Nel segno della croce – Masterclass

Di Italo Feregotto

G.A.M.S.

DLF – UDINE

L‘idea nasce con l’osservazione di disegni e riproduzioni, computerizzate, di templari. A prescindere dalla realizzazione

tecnica storica di queste immagini, ciò che mi conquista è la loro costruzione grafica e l’omogeneità cromatica interrotta

solamente dal rosso simbolo della croce. Una serie di figure ravvicinate, tutte con l’abito bianco e la macchia di colore sul petto.

Come spesso mi succede, da un flash iniziale vado lentamente elaborando mentalmente la scena aiutandomi con schizzi veloci

che mi permettono quasi di dare concretezza a quello che la mente va elaborando.

Inconsciamente mi lascio ammaliare da ciò che ho visto realizzato da alcuni tra i migliori figurinisti, così come sono affascinato

dalla capacità di creare un insieme di figure perfettamente concatenate le une alle altre, in un gruppo armonico e realista. La

capacità di questi artisti di raccogliere tante figure e di farle quasi comunicare tra loro realizzando un’unica fantastica scena,

tutto sommato di dimensione contenuta, è una magia. È come se tutti i personaggi si bloccassero contemporaneamente ad un

segnale convenuto.

Da qui il desiderio di cimentarmi nella composizione di un gruppo che condivida un’azione; l’insieme, per una questione grafica

e ottica, lo immagino sviluppato in altezza, ciò al fine di dare alla composizione un concetto verticale realizzando, mediante le

stesse figure che compongono la scena, l’idea primordiale andando a rafforzare l’impressione di verticalismo mediante lance e

le bandiere. L’impresa non è da poco anche perché a due anni dai miei inizi non mi sono ancora cimentato in autocostruzioni,

limitandomi, più o meno, a piccole modifiche.

Il periodo scelto è quello delle Crociate, ovviamente visto la premessa, magari centrando l’epoca verso la fine del XII° secolo.

Sono però legato a ciò che il mercato offre salvo realizzare qualche modifica, appunto, che mi permetta di collegare l’azione di

tutti i personaggi.

Graficamente decido di usare, per la costruzione della scena, la tecnica usata da molti artisti del rinascimento, vale a dire quella

del triangolo; una base allargata quindi, e un vertice.

Il numero dei personaggi, non so perché, ritengo debba essere dispari; meglio se in un insieme di pedoni è presente anche un

cavaliere, il cavallo rende quasi sempre più reale l’insieme, come se il tutto diventasse più dinamico.

In cima, a chiudere il vertice di questo ideale triangolo, posizionerei proprio il cavaliere la cui lancia diventi il punto più alto della

composizione.

L’ambiente è quello Medio Oriente, quello cui i templari combatterono le crociate; sabbia arsa dal sole cocente e sassi, poca

vegetazione cespugliosa e uniformità di colore nel paesaggio. Il luogo pertinente potrebbe essere la Palestina

Si tratta di un drappello di guerrieri in missione; niente battaglie, nessuna azione estrema ma una esplorazione per costatare la

posizione dell’eventuale nemico e per proteggere il resto dell’esercito che si sta muovendo. In compenso molta polvere, caldo,

fatica e sudore. Nonostante il territorio ed il clima inclemente, i guerrieri devono portare a termine il dovere, «Vittoria e sconfitta

dipendono da Dio, ma del mio onor mio Signore o Re son soltanto io», così si esplicano gli altissimi valori propri della Alta

Cavalleria.

Durante gli spostamenti, momento assai delicato, di estrema vulnerabilità in quanto esponevano le formazioni in marcia a

possibili attacchi a sorpresa del nemico, le colonne procedevano affiancate da diverse pattuglie che si mantenevano ad una

distanza atta, alla bisogna, ad allertare il resto dell’esercito. Un’incombenza che a causa dell’ambiente ostile e

dell’inadeguatezza dell’abbigliamento, procurava sicuramente stanchezza in tutti i componenti della missione e il desiderio di

montare il campo e attendere le rinfrescanti ore notturne e serali per riposare e ritemprare le infiacchite membra.

È possibile immaginare anche la situazione reale in cui queste persone che lasciato il loro paese per combattere un popolo

ritenuto infedele (quindi per questioni ideologiche e non veramente reali) si trovano, uomini di ogni ceto sociale, che partono

lasciando il loro paese per terre sconosciute, individui dai costumi, usi e religione differenti, nemici da combattere con le armi e

armamenti di cui disponevano. I ricchi sicuramente avevano la possibilità di armi e abbigliamento di un certo livello, ma gli altri

dovevano arrangiarsi così come potevano, nella realtà quindi armature, scudi, elmi, armi, vesti dalla qualità e foggia più

disparate.

La cotta di maglia era la difesa passiva del cavaliere templare. Un’infinità di minuscoli anelli di ferro uniti tra loro a formare una

tunica lunga fino circa alle ginocchia. Questo tipo di struttura rimarrà praticamente immutato sino alla fine del Duecento – inizi

del Trecento.

Gli elmi invece subirono diverse evoluzioni, dalla prima forma conica dotata di nasale (protezione per il naso, da come si

deduce dalla parola stessa), lentamente prende piede l’elmo così come anche noi oggi l’intendiamo. Un casco di metallo,

solitamente acciaio, dotato di prese d’aria e di fessure che consentano l’areazione (valutiamo il calore che poteva svilupparsi

all’interno di tale manufatto sotto il sole di quelle terre), e la vista. Consideriamo inoltre che tale copricapo arrivava a pesare

anche due chili ed era generalmente imbottito di cuoio.

Rivisitato usi e costumi, la scena comincia a precisarsi anche nei suoi dettagli con una visione ora più concreta e

particolareggiata, e tutto questo fermento e questa ricerca mi carica ed ecco quindi che mi metto di buzzo buono per la ricerca

dei personaggi più adatti

ELMI

Gli elmi dei Templari solitamente erano abbastanza uniformati, era usato, infatti, l’elmo a forma cilindrica, detto “pentolare”, con

variazioni sul tema.

Anche lo scudo subisce un’evoluzione nel tempo, da un’iniziale forma a “goccia”, alto un metro e largo sessanta centimetri, di

legno rivestito di cuoio e rinforzato ai bordi da un’intelaiatura di ferro, molto pesante e poco maneggevole, si passa ad una

forma che si riduce anche di metà e prende la configurazione di pentagono per arrivare ad uno scudo di forma triangolare e

successivamente anche rotondo.

C’è da dire che l’evoluzione dell’armamento durante le Crociate, il mutamento da una forma all’altra, da un materiale all’altro,

non fu mai brusco. Materiali, forme e usi si sovrapposero fino a confondersi tra loro anche per periodi che comprendevano

parecchi anni.

SCUDI

Apro una parentesi relativa agli scudi in quanto ben quattro su cinque sono stati migliorati sul retro. All’epoca gli scudi erano di

legno rivestiti il cuoio il quale poi permetteva di essere dipinto a piacere. Gli originali mancavano di quella piacevole finitura data

appunto dal cuoio teso, ribattuto sulla parte interna e fissato mediante dei chiodi (?), ho deciso quindi di realizzarla con lo

stucco al fine di ottenere l’effetto sopraddetto. L’effetto dei chiodi è stato realizzato esclusivamente mediante pittura.

BANDIERE E LANCE

Sono un elemento della scena importante in quanto proprio su di queste confido per aumentare il verticalismo della azione. Su

una rivista vedo riprodotto il simbolo della croce posto su un’asta e decido di inserirlo nel mio contesto. Mi servo di un tondino

su cui con il Milliput costruisco una sfera e con dei listelli di legno realizzo la croce.

Questo elemento trovo sia veramente un ottimo richiamo anche per il titolo che ho deciso di dare a questo lavoro “Nel segno

della Croce”.

La bandiera in mano al cavaliere, quella che creerà il vertice dell’intera composizione, non può che essere bianca con croce

rossa, altri colori (nero e bianco) sono tipici dei commentatari che non fanno parte dell’elaborato.

PRIMO PEDONE

Mi serve un protagonista dell’azione, qualcosa che permetta lo spunto affinché tutti gli altri soggetti che andranno a comporre la

scena abbiano una giustificazione e a loro volta giustifichino il primo personaggio.

Ecco allora che un elemento del drappello richiama l’attenzione e indica nella pianura qualche cosa che risveglia l’interesse

degli altri

Tra i tanti pezzi scelgo il “Cavaliere Templare Portastendardo della lEMI, serie “Warlord”.

Il pezzo da scatola va però modificato per far sì che il nel contesto possa assumere il ruolo a lui destinato.

Con il pezzo in mano osservo una certa sproporzione tra il corpo e l’elmo, a mio modesto avviso disarmonico; gli sego quindi la

testa (detto così sembrerebbe un racconto dell’orrore) e la sostituisco con un elmo che meglio si addice alla fine del XII°,

recuperato da un pezzo che avevo in casa.

Il braccio destro che porta lo stendardo non va bene, anche per questo trovo ciò che fa al caso mio, un bel braccio destro che

indica lontano; senza pensarci due volte opero la sostituzione e con soddisfazione mi rendo conto che la scenetta inizia a

materializzarsi.

Infine lo scudo tenuto con la mano sinistra proprio davanti al pezzo nasconde il drappeggio della tunica e decido quindi di

posizionarlo sulle spalle così come fanno gli altri personaggi. Ovviamente però la mano, così com’è posizionata continua a

sorreggere qualche cosa che ora non c’è più.

Recupero un’ascia dal cavaliere che ho deciso di inserire nel contesto e dopo aver tagliato completamente il manico lo

ricostruisco servendomi di un tondino e completo il manufatto realizzando l’impugnatura con lo stucco A+B

SECONDO PEDONE

Avendo deciso di attuare una scena non frenetica trovo che il “Cavaliere Templare – Elite Series” della Pegaso possa andare

bene. Vedrei però questo personaggio a viso scoperto, ciò anche per diversificare l’insieme che rischia di apparire monotono

mentre un elemento senza elmo potrebbe far immaginare come ogni occasione fosse buona per togliersi quel massacrante

copricapo; mi piacerebbe anche che la veste avesse una lunghezza più simile agli altri componenti l’insieme. Non mi resta che

dare fondo al Milliput e all’A+B per allungare la veste e sostituire l’elmo con una testa recuperata da un pezzo della “Grande

Armeé” ed il gioco è fatto (gioco, …….si fa per dire). A testa scoperta avanza anche il cappuccio di maglia metallica che in

questi casi ricade all’indietro sulle spalle, trovare un pezzo da adattare non è difficile.

TERZO PEDONE

Opto per il bel pezzo scolpito da Balloni per la Pegaso “Elite Series”, il “Cavaliere Europeo”. A questo pezzo non mi serve

apportare nessuna modifica. Lega perfettamente sia con il primo che con il secondo pedone anche per il fatto di utilizzare la

stessa arma alla mano, l’ascia. È l’ideale anche per postura in quanto sembra proprio fermo intento ad osservare e si combina

assolutamente al quarto pedone che avevo adocchiato per completare il numero ideale dei cavalieri appiedati

QUARTO PEDONE

Si tratta del “ William de Salisbury” prodotto dalla “El Viejo Dragon miniatures” (ditta spagnola), che cosi posizionato e posto alle

spalle del terzo pedone sembrano proprio in sintonia. “Se osserviamo attentamente ci accorgiamo che quello alle spalle

sussurra qualche cosa al commilitone davanti a lui, probabilmente stanno commentando ciò che il primo pedone sta indicando”.

Anche in questo caso ritengo di non apportare modifiche anzi, proprio il fatto di trattenere nella mano destra l’ascia è motivo

comune a ben quattro pezzi, inoltre il viso scoperto mi permette di attuare quella diversificazione auspicata anche con il

secondo pedone. La posizione del braccio che regge l’elmo mi suggerisce di inserire il simbolo della croce autocostruito. Per

completare l’opera mi manca solo il cavaliere.

IL CAVALIERE

L ’assortimento maggiore sull’argomento lo offre ancora una volta l’EMI, la sua serie “Warlord” ha in catalogo diversi pezzi che

potrebbero adattarsi alle mie esigenze. Dopo aver analizzato le posizioni dei vari cavalieri (i cavalli si differenziano solo per

piccoli particolari), scelgo il “Cavaliere Teutonico – Europa del Nord – XIII” secolo in quanto con qualche modifica potrebbe fare

al caso mio.

Il cavallo non necessità di alcuna modifica.

Il cavaliere invece deve diventare un Templare del XII° secolo ed evidentemente abbisogna di alcune modifiche. Al posto

dell’ascia che brandisce decido di metterli una bandiera che mi permette, come avevo accennato all’inizio, di creare il punto più

alto della scena.

Transigo dall’idea iniziale, almeno per quanto riguarda l’uniformità del colore e decido di porre, in mezzo a tanto bianco e giallo

una macchia scura realizzando un sergente. Ho la possibilità di usare o il nero o il marrone scuro per la veste del sergente e

decido di adoperare il marrone, che, pur staccandosi dalle altre figure rimane comunque in gradazione. La croce sul petto

ovviamente resta sempre rossa.

La gualdrappa del cavallo rimane invariata, bianca con croce rossa. Posso scegliere dove posizionare la croce e decido di non

disturbare il bel drappeggio della gualdrappa sulla parte anteriore e posizione il simbolo di cristianità solo sulla groppiera che

copre i quarti posteriori del destriero.

L’elmo originale è evidentemente quello di un templare e devo quindi sostituirlo. La bandiera e l’elmo vengono recuperati dal

pezzo dell’EMI serie “Warlord”, che non è altro che il Cavaliere Templare portastendardo di cui appena sopra ho disquisito.

IL PAESAGGIO

Estremamente laborioso, devo dire. Come mi ero ripromesso all’inizio lo sviluppo dell’intera scena dovrà essere verticale, vado

quindi alla ricerca del sasso giusto da poter utilizzare come base di partenza per l’intero impianto; dopo stressanti ricerche ne

ho trovati tre che fanno proprio al caso mio. Per le composizione sceniche cerco di usare materiali (pietre, radichette, erbe,

muschio, ecc.) naturali, almeno come elemento primario, successivamente combino ciò che ho trovato utilizzando stucco

(Milliput che una volta asciutto compatta e cementa il tutto), che mi offre anche la possibilità di creare il supporto per i

personaggi, lavorando con sassi non sarebbe altrimenti possibile). Mi piacerebbe ricreare un ambiente semidesertico composto

da rocce friabili che con gli anni si sono sgretolate creando una scarpata sulla quale la roccia frantumata e sminuzzatasi, più o

meno sottilmente, scivola rotolando a valle, soprattutto sotto il peso degli umani (in questo caso). Come dicevo sopra il colore

predominante dell’intero paesaggio è l’ocra, la sabbia qua e là accesa dai riflessi della roccia di granito che si mantiene intera

rispetto alla roccia friabile.

Poca la vegetazione e comunque secca a causa della costante siccità tipica di questi luoghi, solo verso valle, sotto qualche

roccia che procura ombra e mantiene una certa umidità, dei ciuffi di erba ancora verde.

SISTEMAZIONE DEGLI ELEMENTI

Era tutto è pronto e inizio a disporre i vari componenti. Ovviamente i piani dovranno essere diversi.

Al livello più basso posiziono il personaggio che dà impulso all’intera scena. È molto importante il primo pedone in quanto

l’azione avrà uno svolgimento legato al movimento del suo braccio, gli sguardi e le inclinazioni delle teste dovranno avere un

unico indirizzo, ed essendo gli spazi piuttosto ristretti gioco forza le posture dei corpi avranno delle limitazioni, alcuni si

toccheranno, altri saranno distanti tra loro a causa della conformazione del terreno, così proprio come avviene nella realtà.

Immediatamente al secondo livello due elementi importanti, quelli che comunicano tra loro e la cui posizione concatenata

descrive naturalezza di espressione e conferisce dinamicità.

Al terzo ed ultimo livello tre elementi: il cavallo con il cavaliere e un pedone. Anche in questo caso gli spazi sono minimi e sono

costretto a lavorare inserendo i pezzi in superfici esigue, cercando di creare nonostante tutto il massimo della autenticità.

Qualche lancia, come dicevo, aiuta il verticalismo dell’insieme.

A ben osservare è possibile notare come quasi inconsciamente si siano create le due piramidi, con vertice opposto, una

formata dall’ambiente e l’atra dagli stessi personaggi.

LA PITTURA

Uso colori acrilici, che sono i miei preferiti, e secondo le esigenze utilizzo case produttrice differenti; per i tessuti trovo che i

colori Andrea – Vallejo – Apa siano ottimali per realizzare i tessuti proprio grazie alla loro opacità, mentre per i volti uso i

Liquitex o Life Color che essendo di grana finissima hanno una resa finale leggermente satinata.

Il bianco, tonalità dominante delle figure, mi mette in apprensione, tutti sappiamo che difficoltà comporti amalgamare questo

colore non colore. In aiuto mi sono venuti i suggerimenti appresi durante le dimostrazioni in occasione del World Expo Roma

2002 tenute dai grandi figurinisti. Il bianco (alcuni di questi hanno preso il colore bianco come uno degli argomenti di

discussione) è solo una questione ottica, in realtà si tratta di una fusione di colori tra cui il carne se si vuole un bianco caldo, i

blu e i grigi se si vuole un bianco freddo.

Anche per l’ambiente ho usato colori acrilici e per dare profondità inchiostri.

CONCLUSIONE

Mettere insieme figure e scenografia devo dire che non è stato un compito facile. Come sempre succede in questi casi l’idea va

adattata alla disponibilità del mercato e alle capacità tecniche realizzative del singolo Nel progetto e nella volontà esecutiva

dovrebbe emergere, oltre naturalmente all’armonia compositiva della scenetta (colorazione, tecnica della modificazione e della

composizione), il realismo e la capacità di fermare un momento della vita guerresca dei uomini d’arme di quell’epoca. Spero di

esserci riuscito.

Bibliografia:

– Templari in battaglia, I cavalieri del Tempio: soldati, eroi e martiri delle Crociate, Ennio Pomponio – Edizioni Penne & Papiri

– The Crusades – Osprey

– Costume – Collezione – Ed. Trentini

– Templari, la Rivista sui cavalieri e i misteri del Medioevo – Ed. Trentini

– Medioevo, un passato da riscoprire – De Agostini – Rizzoli Editore

– Internet