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Napoleone A Cavallo

Napoleone I, Imperatore dei francesi – Masterclass

di Italo Feregotto

Ho sempre ritenuto estremamente difficile dipingere i figurini che ritraggono personaggi (storici, di fantasia o attori che siano), forse è un problema tutto mio, ma credo in ogni modo che la tecnica del ritratto sia una delle cose più complicate da realizzare in quanto non solo l’artista (per me il figurinista è un’artista) deve riuscire ad ottenere la somiglianza con il personaggio, ma deve anche, nel limite del possibile, trasmetterne la personalità (mi si conceda), quasi l’aspetto interiore. Proprio per questo, personalmente, ho sempre rinunciato a dipingere uno dei tanti personaggi che le varie ditte produttrici mettono in commercio.

Napoleone però era troppo irresistibile.

Di versioni che riproducono questo famoso personaggio ce ne sono moltissime, in tutte le scale e per tutti i gusti. Lo troviamo raffigurato in ogni periodo della sua vita; molte ditte produttrici hanno ripreso il tema trovando, soprattutto nella pittura, posture e rappresentazioni diverse (in piedi, seduto, a cavallo) e molte possono essere considerate piccoli capolavori di scultura. Tra le tante e ottime fusioni ho scelto il Napoleone scolpito da Bruno Leibovitz in 54 mm. per la Metal Modeles (ammetto di avere un debole per questo raffinato scultore), la ditta francese specializzata nel periodo Napoleonico.

Avevo acquistato questo pezzo qualche tempo fa e lo tenevo nel cassetto nell’attesa di quel momento che alcuni chiamano ispirazione. Quando finalmente sento arrivare il formicolio giusto mi metto in moto per documentarmi cercando di capire esattamente lo spirito del pezzo.

Solitamente gli scultori prendono l’ispirazione da quadri famosi e quell’immagine era nei miei ricordi scolastici e mi faceva tornare in mente un quadro; mi sfuggiva però il nome dell’artista ed allora sono ricorso ad un amico che sul periodo Napoleonico ha una conoscenza e una documentazione da vero storico

Avevo ragione, Antonio non disattese le mie speranze, la scultura riprende un quadro dipinto nel 1862 da Meissoiner, che ritrae Napoleone I, Imperatore dei francesi, con indosso l’uniforme dei Granatieri della Guardia Imperiale e la famosa redingote aperta davanti (Walters Art Galery).

In altri ritratti, sempre di Meissoiner, l’uniforme è quella dei Cacciatori a cavallo della Guardia Imperiale, ed è proprio in questa seconda uniforme che ho rappresentato (come ci propone anche la stessa Metal Modeles) il I Imperatore dei francesi, per intenderci: abito verde bordato di rosso, pantaloni e veste bianchi con le decorazioni dei tre Ordini della Legion d’Honneur (medaglia, croce e fascia) e l’Ordine della Corona di Ferro

Le spalline a frangia, dorate, venivano sganciate per poter indossare la redingote, e sono portate sul davanti verso il petto.

Napoleone

Adottando personalmente la tecnica dei colori acrilici è evidente che il risultato finale sarà un effetto opaco, e se il riferimento è ai tessuti l’esito finale è in realtà quello voluto.

Attenzione però, non è proprio così scontato in quanto dipende ovviamente dai tessuti. La seta, i rasi, i damaschi, necessitano di una finitura differente rispetto al cotone, alla lana, alla canapa, ecc. Questi ultimi tendono ad assorbire la luce piuttosto che rifletterla, mentre soprattutto i rasi e le sete risplendono alla luce e necessitano quindi di colpi di chiaro appariscenti. Questa teoria l’ho formata osservando i dipinti illustrati sui libri d’arte che riproducono quadri dove gli artisti riescono, con il pennello e rara bravura, a far capire al primo impatto visivo di che tessuto si tratta. Evidentemente sapere con certezza il tipo di tessuto degli abiti di Napoleone non è impresa facile. Per certo si sa che era sua abitudine, durante le campagne militari, non differenziarsi molto dai suoi soldati. Nella mia indagine sono ancora una volta ricorso allo storico.

Dalla ricerca è emerso che, con molta probabilità (il dubbio però è d’obbligo), i tessuti usati dall’Imperatore erano gli stessi usati dalla truppa, o per meglio dire, il tipo di tessuto era lo stesso, cambiava però la qualità; così che il cotone era raffinato e le lane ben trattate.

Senza dubbio invece possiamo affermare che la sua uniforme era sempre in perfetto ordine: stivali lucidati con il grasso ed abiti sempre in ordine; l’Imperatore in fin dei conti era comunque lui!

La feluca era sicuramente di feltro e quindi anche il copricapo non rifletteva la luce. Gli ori tessuti non potevano ovviamente avere il riflesso splendente del metallo, e sicuramente quindi erano meno appariscenti.

Il destriero

Mi preoccupa il cavallo. Conoscere a che razza appartiene è importante per la sua colorazione, come vedremo in seguito. Dal quadro non s’intuisce la razza: per certi piccoli dettagli potrebbe trattarsi di un arabo, ma altri particolari sembrano negare questa possibilità. Napoleone, per quello che se ne sa, aveva una predilezione per i cavalli arabi. Alcuni particolari, anche se minimi, possono far pensare a questa razza (le piccole orecchie, la leggerezza strutturale, la postura), altri la escludono, l’altezza al garrese, le gambe troppo lunghe, la coscia e l’anca posteriore non tipiche, la coda attaccata troppo alta, reni e dorso troppo lunghi; ma il particolare che esclude definitivamente questa razza, sia osservando il quadro sia la scultura di Leibovitz, è la testa; questa dovrebbe essere a profilo concavo o camuso per l’arabo, mentre in questo caso il profilo e diritto, tipico dei cavalli inglesi e francesi. Si suppone quindi che possa trattarsi di un mezzosangue. Approfondendo la ricerca, scopro che già a quei tempi esisteva un cavallo Anglo – Arabo Francese nato dall’incrocio di un Purosangue inglese con l’Arabo. Il merito è dei francesi, da cui la denominazione, e pare che i primi allevamenti a produrre questo cavallo fossero quelli di Tarbes e di Pau, nella Francia sud-occidentale.
Ma ecco la scoperta che conforta la mia tesi: a fondare questi allevamenti fu proprio Napoleone che creò questo eccellente cavallo da sella, partendo da dei cavalli “Novarrini” celebri nel XVIII secolo, per i suoi ufficiali. I miglioramenti alla razza furono successivamente apportati da Pompadur che accoppio stalloni Arabi e Purosangue inglesi con fattrici locali di origine orientale, lontane discendenti di quei soggetti lasciati dai Mori durante la ritirata attraverso i Pirenei (dopo la battaglia di Poitiers nel 732). Dilemma quindi risolto soprattutto dopo aver preso visione del disegno che interpreta lo standard della razza.

Ciò definito passiamo ora alla pittura. I cavalli cosiddetti bianchi possono, per la precisione, essere:

–         bianchi a pelo bianco su pelle rosa nelle varie tonalità: candido, argentino, porcellana, sporco;

–         ubero o fior di pesco: chiaro con dominanza di bianco o scuro con dominanza di rosato;

–         grigio che a sua volta può essere chiaro, scuro, ferro, argentino, porcellana, storno (predominanza di bianco con peli neri sparsi a gruppi), pomellato, moscato (con piccole macchie nere), vinoso, trotino (con macchiette rossiccie).

Lo standard dell’Anglo – Arabo Francese ci dice che il mantello di questa razza (ma la descrizione è ovviamente di epoca moderna) può essere baio, sauro, grigio (raro) e che le marcature bianche sono frequenti. In questo caso a mio avviso ci troviamo in presenza di un grigio chiaro (la rarità era chiaramente una prerogativa dell’Imperatore).

Con queste premesse è evidente che ogni tipo di mantello dovrà avere un colore di fondo ed un bianco diversi secondo il tipo di pelo che si vuole riprodurre, ecco perché era importante stabilire a che razza apparteneva la cavalcatura.

Pittoricamente il cavallo, usando gli acrilici, avrà un effetto finale troppo opaco, urge assolutamente trovare una soluzione. Mi giunge in aiuto l’amico Davide Chiarabella che mi suggerisce di usare dei colori acrilici francesi che risultano, una volta asciutti, leggermente satinati. Il risultato conclusivo è proprio quello sperato, partendo da un fondo grigio inizio a schiarire con il bianco riuscendo a dare la sensazione del pelo e quella satinatura che è tipica del cavallo strigliato.

Altri particolari e conclusioni

Considerata la satinatura dei colori francesi li uso anche per dipingere l’incarnato e i finimenti che generalmente sono in cuoio ovviamente ingrassato per mantenere l’elasticità e durare nel tempo.

L’incarnato del volto ha richiesto molta attenzione, l’intendimento era quello di avvicinarsi il più possibile all’espressione del quadro di Meissoiner.

Gli stivali di cuoio nero si presuppone fossero tenuti lucidi e puliti dall’attendente e quindi ho adottato i colori francesi stendendo anche vernice lucida.

Nella realizzazione del paesaggio cerco di attenermi all’atmosfera del quadro, dove l’ambiente è scarno probabilmente per mettere in risalto la statuarietà del personaggio.

Istintivo come sono, ho dipinto questo pezzo quasi in apnea per il gran piacere che mi ha procurato farlo. Devo però dire che una grande aiuto lo ho avuto dalla scultura che era, come succede spesso a questo scultore, veramente ottima.

Fine

Soggetto in metallo bianco – scala 54 mm. della Metal Models.
Scultura Bruno Leibovitz

Bibliografia per il cavallo :
“Il Cavallo” –
origini, razze, attitudini – di Nereo Lugli – Ed. Istituto Geografico De Agostini
“Guida al Cavallo” – di Maurizio Bongianni – Ed. Arnoldo Mondadori