Non vi è alcun dubbio che il successo ottenuto dai sovrani inglesi sui campi di battaglia durante la guerra dei cent’anni, sia anche da ricondurre alla vincente combinazione tra utilizzo di arcieri e uomini d’armi appiedati
Anche in seguito alla sconfitta patita sul campo di battaglia di Bannockburn, gli inglesi ebbero modo di constatare che la loro cavalleria pesante poco poteva contro la compattezza delle formazioni a falange dei fanti scozzesi, specie se lo scontro avveniva su terreni resi pesanti dalla presenza di fango o acqua
Pertanto perfezionarono nella seguente guerra contro la Francia un nuovo modo di affrontare il nemico, rinunciando quasi del tutto alla forza d’urto della cavalleria e optando per un atteggiamento difensivo, privilegiando il ruolo dell’arciere, provvisto di arco lungo, e dell’ uomo d’arme o del fante attrezzato al combattimento ravvicinato.
Di certo, durante la guerra di indipendenza scozzese, non mancò mai un ampio numero di fanti e picchieri inglesi inviati di volta in volta a spegnere le velleità di liberta degli abitanti del nord dell’isola, ma questi non vennero sempre utilizzati nella strategia migliore.
L’unico modo per far fronte alla coesione delle formazioni scozzesi ,era quello di usare dapprima gli arcieri, per aprire dei vuoti tra le file nemiche, e in seguito intervenire con picchieri e fanti per rompere la loro resistenza e costringerli a una fuga disordinata.
Questo lo aveva capito assai bene anni prima Edoardo I sul campo di Filkirk, ma il figlio Edoardo II non volle o non seppe tenerne conto a Bannockburn andando cosi incontro a una rovinosa sconfitta.
A differenza dell’esercito scozzese che disponeva di pochi cavalieri ed era formato principalmente da fanti appiedati armati soprattutto di lunghe piche e organizzati in ranghi molto serrati detti schiltron, l’esercito inglese poteva disporre di folte e variegate formazioni di combattenti.
Oltre a numerosi cavalieri di vario rango, gli inglesi potevano schierare molti uomini d’armi.
Questi ultimi non dovevano essere necessariamente di nobili origini, ma erano comunque soldati rivestiti completamente di armatura difensiva e addestrati a combattere sia a piedi che a cavallo.
A completare le fila dell’esercito inglese inviato contro gli uomini Roberto The Bruce vi era un consistente numero di fanti.
Oltre ai famigerati arcieri inglesi e gallesi vi erano molti fanti armati di picche, lance o asce. Si calcola che abbiano partecipato alla campagna oltre 11.000 fanti provenienti maggiormente dalle contee settentrionali e dal Galles.
Diversi baroni inglesi si trovavano al tempo in forte disaccordo con il re Eduardo II e non volevano impegnarsi in una nuova campagna contro gli scozzesi, ma alcuni nobili come Sir Robert Mortimer vassallo della corona di molte regioni nel Galles fece reclutare ben oltre 3000 fanti da queste terre. Gerard from Wales, un cronista dell’epoca , osserva che vi era una notevole differenza tra i soldati provenienti dal sud e dal nord del Galles. Infatti mentre il sud del Galles forniva un grande numero di arcieri armati di lunghi archi detti Longbows, dal nord provenivano principalmente picchieri.
Il fante medioevale
Riguardo l’aspetto e l’armamento di un semplice fante del periodo intorno al 1300, come quello proposto in questo articolo e riprodotto dal mio figurino, si sa relativamente poco.
Per farsi un’ idea a tale proposito è possibile consultare alcune fonti iconografiche come la Maciejowki Bible proveniente dal nord della Francia datata intorno al 1250 o la Holkhalm Bible proveniente dall’Inghilterra datata 1320-1350., tra cui si possono trovare numerose immagini che riproducono scene di fanti nella loro vita quotidiana o in battaglia .
L’abbigliamento e l’armamento del soldato rispecchiavano fin troppo chiaramente le sue origini e il suo stato sociale.
Mercenari e soldati di fanteria al soldo di condottieri potevano essere talvolta ben equipaggiati e protetti dal tipico gambeson di cuoio o stoffa imbottito o pettorina rinforzata da anelli di ferro. Un cappello di ferro, o anche di cuoio, con ampia tesa rivolta verso il basso completava l’equipaggiamento protettivo.
Più rare erano le cotte di maglia, che potevano comprendere anche il cappuccio e spesso risultavano essere preziosi e ambiti bottini di guerra.
I semplici coscritti, spesso costituiti da villani o servi, costretti alla leva forzata e chiamati alle armi per infoltire gli eserciti durante importanti campagne di invasione, come quella del 1314, erano quasi sempre del tutto privi di armamenti difensivi.
Disponevano solo di una tozza tunica, di una calzamaglia e, occasionalmente, di pantaloni e di stivali. Secondo quanto riportato da Philippe Contamine nel suo pregevole trattato di storia “la Guerra nel medioevo” vi erano poi singoli audaci che preferivano lottare privi di ogni protezione del corpo per godere di maggiore libertà di movimento durante il combattimento.
In ogni modo, qualsiasi fosse l’estrazione sociale o il coraggio mostrato, non vi era fante che rinunciava a qualche forma di protezione per la testa come il cappello di ferro o la cervegliera.
Naturalmente erano diffusi scudi di legno che risultavano indispensabili contro eserciti forniti di arcieri. Per il combattimento ravvicinato il fante poteva disporre anche di scudi più piccoli e arrotondati simili a quelli che si possono osservare in alcune immagine della Holkhalm Bible.
Oltre alla picca il fante poteva disporre di una spada, ma sicuramente non mancava al suo servizio qualche tipo di coltellaccio, utilizzato nel uso quotidiano come anche in battaglia.
Molti portavano con sè anche lo stiletto, una di quelle armi che i fanti chiamavano “misericordia” perché veniva usata per mettere fine alla sofferenza degli uomini d’armi disarcionati e feriti, o per sbarazzarsi di quelli che non valevano la richiesta di un riscatto. La lama era sottile e abbastanza flessibile da insinuarsi tra i punti di giunzione dell’armatura e andare a spegnere la vita recidendo la gola o l’inguine dello sfortunato.
Realizzazione
Uno degli aspetti che trovo più interessanti e divertenti nella realizzazione dei figurini è sicuramente la possibilità di costruire intorno ad essi una scena o una storia che possa introdurre ulteriormente il soggetto raffigurato nel suo contesto storico.
L’ idea di base di questo progetto era di raffigurare un fante dell’esercito inglese a Bannockburn durante la marcia di avvicinamento alla Scozia.
Durante una sosta sotto il caldo sole estivo il nostro uomo non resiste a gustare un sorso di birra dal carro che sta scortando e forse per un attimo riesce a dimenticare la preoccupazione per l’imminente scontro.
Come appartenente al contingente gallese il fante indossa i colori di livrea bianco e rosso del suo signore Roger Mortimer. A ragion del vero va però detto che l’utilizzo di questi colori potrebbe in effetti risultare una forzatura (o, se vogliamo, una licenza poetica) dato che non esistono o meglio non ho trovato nessun riferimento storico che dimostra l’utilizzo dei colori di livrea nel periodo trattato.
Per riuscire a mettere in scena la storia che avevo in mente ho dovuto creare due elementi nuovi: il carro, che rappresenta uno degli oltre 200 che costituivano il convoglio delle salmerie, e il figurino ottenuto modificando il Gran Maestro dell’ordine dei Cavalieri di San Giovanni della Pegaso (Nr.54-193).
Per realizzare la sezione di carro ho fatto uso di listelli di legno usati normalmente per il modellismo navale statico. La grande ruota su cui il soldato appoggia il braccio destro è stata realizzata usando quelle provenienti dal catalogo Historex.. Per creare una ruota dall’aspetto più massiccio, ho semplicemente incollato alla prima unaseconda priva di raggi e perno.
La giunzione delle due parti è stata quindi coperta dal cerchio in ferro creato con una sottile striscia di Plasticard .
Al figurino sono state inizialmente troncate gambe e braccia originali mentre è rimasto inalterato il resto del pezzo. I nuovi arti sono stati ricreati usando tondini d’ottone come scheletro sui quali sono andato a modellare le nuove gambe e braccia usando come massa un miscuglio di stucco A+B più Tamiya Epoxy Putty.
Ho cercato di dare al figurino una postura quanto più possibile rilassata, lontana una volta tanto dalle solite pose marziali.
Solitamente utilizzo per tutti i miei lavori un miscuglio dei due stucchi sopracitati, perché in base alla percentuale utilizzata si riescono ad ottenere diverse consistenze a seconda della necessità. La presenza di stucco A+B dà inoltre la possibilità di usare un pennello intinto in alcool etilico per modellare e lisciare il lavoro prima dell’indurimento del materiale.
La testa usata è stata acquistata presso lo Stand della ditta Elisena. Dopo aver asportato parte della calotta cranica ho modellato la cuffia e il cappello di ferro con la mia solita combinazione di stucco utilizzando in questo caso più Tamiya Putty.
Per completare la scenetta ho fatto ampio uso di accessori che si possono comprare sul mercato o nelle fiere di settore quali botti , armi e vasellame.
I sacconi visibili sul carro sono stati invece modellati con stucco e sistemati al loro posto prima dell’ indurimento completo.
Per la colorazione ho usato esclusivamente colori acrilici di varie marche, come Andrea , Vallejo e Maimeri Polycolor.
All’epoca della realizzazione di questo figurino non possedevo ancora un aerografo, quindi il fondo di base è stato creato usando una bomboletta di Citadel Skull White. Se usato correttamente questo prodotto può risultare una valida alternativa al fondo dato con l’aerografo.
Renato Gustinelli